I Castelli di Napoli
Castel Capuano
Da palatium a fortezza
Il sito su cui attualmente risiede il castello era in passato il limite orientale della città greco-romana, allo sbocco del decumano maggiore. Da scavi di servizio condotti in epoca Ottocentesca, sono emerse le rovine dell’antica cinta ellenica di blocchi di tufo lavorato incastrati a secco, ma anche statue di magistrati, frammenti di colonne e preziosi marmi, che probabilmente appartenevano ad un importante edificio pubblico. Tra i reperti, parte dei quali sono oggi visibili all’ingresso del complesso, si trovarono anche delle lapidi funerarie appartenenti ad un sepolcreto poco distante.
Il castello venne eretto in epoca normanna ad opera di Guglielmo detto il “Malo” (re 1151-1166) su progetto dell’architetto e scultore napoletano Buono, di cui non
esistono altre notizie certe. Nelle intenzioni del sovrano normanno il castello doveva fungere da avamposto militare della murazione urbana orientale, laddove la città era priva di difese naturali. Da questo lato, infatti, si estendeva una vasta pianura che giungeva fino a Nola ed era attraversata dalle principali vie di comunicazione del Regnum.
In epoca sveva Castelcapuano subì due interventi, il primo intorno al 1223 finalizzato all’abbellimento degli interni e l’altro, circa dieci anni dopo, consistette in una generale ristrutturazione. Il castello assunse una forma quadrangolare con ali e torri angolari merlate, circondate alla base da una leggera scarpa che doveva costituire l’argine interno del fossato.
Per almeno tre secoli, fino al 1537 circa, non si registrarono ulteriori rimaneggiamenti sostanziali ed è verosimilmente che la cosiddetta tavola Strozzi (1464-65) rappresenti proprio la fabbrica sveva. Il dipinto, però, presenterebbe una “licenza artistica”: sul fianco Sud-occidentale del complesso viene collocata la porta urbica, un ampio arcone sovrastato da un’elevata struttura turrita, che doveva trovarsi invece sul fianco opposto.
Da fortezza a sede burocratica
Intorno al 1284, in piena epoca angioina, per Castelcapuano cominciò per un progressivo declassamento a seguito del trasferimento della sede reale a Castelnuovo. La fortezza perdeva le prerogative residenziali pur mantenendo una certa valenza militare. Inoltre, a seguito del trasferimento
degli uffici della Regia Cancelleria e del relativo Archivio, il complesso subiva alcuni lavori di riparazione e di riorganizzazione degli spazi interni. Nel 1484, sotto gli Aragona, venne modificata l’area antistante il lato orientale del castello attraverso un avanzamento delle mura urbane e il contestuale trasferimento della porta Capuana presso il fianco meridionale della chiesa di Santa Caterina a Formiello. Soltanto allora il castello si trovò completamente integrato nel tessuto urbano perdendo ogni funzione militare.


Le torri e le logge vennero abbattute, furono rimaneggiati gli ambienti interni e il fossato venne colmato, cosicché il complesso assunse l’aspetto di una costruzione civile; altri lavori di adattamento degli interni seguirono tra 1543-45. In questa occasione venne trasferita in Castelcapuano anche la Camera della Sommaria, di cui resta oggi la bellissima cappella affrescata da Pedro de Rubiales. Questa, una delle poche sale ancora visitabili, è un vero e proprio gioiello pittorico di stile manierista: cornici in stucco dorato racchiudono le storie della vita del Cristo, stemmi vicereali, e cherubini alati. Intorno alla metà del secolo, a Castelcapuano si insediarono anche gli Archivi Regi, gli uffici giudiziari e le carceri. Quest’ultime occupavano tre livelli del vecchio edificio: le celle destinate ai nobili risiedevano al primo piano, mentre quelle del popolo occupavano il pianterreno, gli ambienti attorno al cortile e quelli del seminterrato.
I restauri ottocenteschi
Agli inizi dell’Ottocento Castelcapuano si presentava come un complesso fatiscente e “deforme”, un coacervo di fabbriche di diversi stili affiancate e sovrapposte, ma soprattutto bisognose di interventi di riparazione e consolidamento. L’aspetto attuale del complesso è frutto dei
restauri Ottocenteschi. I lavori di ristrutturazione ebbero inizio su progetto dell’architetto Giovanni Riegler, tra 1858 e 1861, e interessarono integralmente il complesso. Sulle facciate esterne si trovavano decine di finestre occluse da pesanti inferriate, disposte con discontinuità tra i diversi piani cui si aggiungevano nicchie cieche.

Il Riegler consolidò e uniformò le facciate esterne eliminando i balconi, ampliando i vani finestra e riportandole allo stesso stile, decorò infine il tetto con un bel cornicione che restituiva un carattere “antico”. Sulla facciata principale, quella occidentale, la torretta venne allungata e munita alla sua estremità di un orologio e dello stemma sabaudo (1861). All’interno del cortile conferì un assetto omogeneo al quadrilatero costruendo pilastri anche sui lati che ne erano privi, sistemando le finestre dei locali sovrastanti tutte nel medesimo stile e ridistribuendo gli ambienti in maniera funzionale. Nel 1858, inoltre, l’architetto Ignazio Perricci e il pittore Biagio Molinaro attesero al restauro della Camera della Sommaria, oggi sala della Corte d’Appello, e della volta dell’attigua sala del trono.

Testi a cura di Laura Genovese